Quando si tratta di cibo, il fine giustifica i mezzi

Cameron & Freddie

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    Cameron Cohen
    Dioptase | 18 anni
    Pomeriggio inoltrato. Mancavano forse un paio di ore alla cena, mentre il pranzo era passato da un pezzo. Ma il ragazzo non aveva mangiato tanto, anzi, probabilmente un uccellino si nutriva di più di lui. Quindi decise che avrebbe fatto razzia in cucina, che gli elfi avessero voluto oppure no, ma prima doveva finire quelli stupidi compiti di quella stupida ed odiosa materia che era aritmanzia. Non la sopportava, era complicata e difficile. Il ragazzo sbuffò, grattandosi distrattamente il mento. Chi glielo faceva fare di impegnarsi in una materia così difficile, quando poteva benissimo fare altro? Era il primo dicembre ed il sole splendeva tenue, senza realmente scaldare ciò che si trovava sulla terra. Tuttavia, non pioveva e quindi, per essere l'ultimo mese dell'anno, era una bella giornata. Guardò fuori, fissando il suo sguardo nocciola su un punto indefinito, lontano. Desiderando essere ovunque se non in quella stanza. Era seduto su una poltrona in sala comune accanto al caminetto col fuoco che scoppiettava allegro, come se niente e nessuno potessero mai turbarlo. Ed in effetti era così; nessuno si sarebbe mai sognato di spegnerlo, quando grazie a lui la temperatura nella stanza era piacevolissima. Cam avrebbe desiderato essere come lui: nessuno che osasse infastidirlo, tranquillo, allegro e caldo. Lui non era nulla di tutto ciò. La freddezza lo contraddistingueva in ogni fase della sua giornata -tranne con le ragazze che, secondo lui, meritavano le sue attenzioni- e lui e la tranquillità erano due rette parallele che non si sarebbero mai incrociate. Anche la notte precedente aveva sognato la sorella; ormai non faceva altro che lo stesso identico sogno. Sua sorella era morta. Era morta per colpa di un ragazzino stupido e fifone. Uno schiocco secco fu il primo rumore che sentì dopo molto silenzio, eccezion fatta per lo scoppiettio del fuoco, e guardò la matita che aveva in mano. Dalla rabbia, l'aveva spezzata inconsapevolmente. Okay, forse era giunto il momento di prendersi una pausa. Scrollò la testa e chiuse il libro con forza, abbandonandolo successivamente sul tavolo della Sala Comune. Bene, la sua prossima destinazione sarebbe stata la cucina, dove sicuramente avrebbe trovato qualche avanzo succulento del pranzo. Salì in dormitorio per cambiare vestiti. Si mise dei jeans strappati leggermente sul ginocchio ed una maglia color salmone che, doveva dirlo, gli stava benissimo. Indossate anche le scarpe, tornò nella sala comune e prese dalla borsa bacchetta e magifonino che poi si mise in tasca. Finalmente era pronto a fare razzia. Uscì in corridoio e su guardò intorno. Ormai esso era illuminato dalle torce, siccome in quel periodo dell'anno faceva buio molto prima. Scese le scale che portavano alla porta che ricongiungeva la torre al resto del castello e si diresse poi alle altre scale che lo avrebbero portato ai sotterranei, luogo dove sapeva trovarsi le cucine. Percorse quei gradini carichi di umidità e sembrava quasi che il freddo fosse maggiore laggiù. E probabilmente era proprio così. Arrivò davanti alla porta ed entrò. Evidentemente, però, sembrava che qualcuno avesse avuto la sua stessa idea. Ehi, dammi tutto o ti denuncio alla preside disse calmo, nella direzione di quel ragazzino.
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