I see a red door and I want it painted black

Frederick Yaxley & Vivyan Murphy

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  1. whiskey beam
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    yaxley
    f. a.
    ex school: durm
    age: thirty-one
    job: auror
    blood: pure

    Il passato aveva curiosi modi per ribussare alla porta.
    Quella volta aveva assunto la forma di Peter Copperhead, creditore (per non dire strozzino di infima fama), per riscuotere presunti, e ormai creduti sepolti, debiti accumulati dagli Yaxley nel corso degli anni. Per parecchi anni distante dalla terra natia, Frederick ormai aveva perso cognizione di causa sui metodi adottati da Astrid Rosier per condurre un’esistenza dignitosa per portatori di tale nomea e sangue, anche al costo di svendere pezzo pezzo la propria dimora o passare la stessa esistenza, tanto sofferta, a correre via da individui di tale calibro.
    Almeno, poteva constatare, non aveva avuto la malagrazia di presentarsi sul suo posto di lavoro (a quanto pareva le voci sulla sua posizione erano corse abbastanza in fretta da essere udite in ambienti di tale calibro), ma aveva optato per bussare alla porta della sua dimora a Covent Garden, l’unica che possedeva ormai, per reclamare, pescato proprio dalla lista dei beni che ancora erano sotto suo nome, l’unica cosa che ormai non pareva più possedere più.
    Un vecchio monile dal valore pressoché inestimabile che era finito, circa vent’anni prima, tra le mani di qualcuno che Frederick aveva conosciuto bene o che, almeno, avesse avuto tale occasione da vantare. Che fosse stato un gesto dettato dalla pietà, dall’amicizia o dalla semplice noncuranza di un ragazzino, poco o nulla importava: ora se ne stava pentendo amaramente. La sua non scelta di pagare ancora per gli sbagli commessi in passato era ancora un incubo che riusciva a turbare lo stato di quiete apparente che contraddistingueva la sua figura, tanto che la venuta di Copperhead, mascherata da visita di cortesia, ma che in realtà era un placido avvertimento, era riuscito a turbarlo anche il giorno seguente, tanto da spingerlo a prendere dal cassetto il cellulare, perennemente spento, e digitare indirizzo ed ora ad uno dei pochi numeri salvati in rubrica. E non l’avrebbe chiamata se non in caso di necessità assoluta.
    Non sarebbe stato difficile per Vivyan trovare la dimora di Yaxley: poco distante dal Waterloo Bridge, la facciata ricoperta d’edera della vecchia dimora vittoriana sarebbe apparsa in uno stato di totale incuria negli occhi di qualsiasi babbano, che sicuramente si sarebbe mosso oltre in favore delle luci sfavillanti dei numerosi teatri della zona. Per qualsiasi mago invece, il complesso in mattoni scuri sarebbe apparso sì severo, ma di gusto e di certo non lasciato totalmente all’incuria, sebbene si cominciasse già a notare il passare degli anni dalle prime crepe presenti sull’intonaco dei dettagli esterni.
    Una volta che l’elfo domestico avrebbe fatto gli onori di casa, lo avrebbe trovato nella comodamente seduto in una delle due vecchie poltrone del soggiorno, bicchiere di whiskey alla mano e meno ingessato (le maniche della camicia, difatti, erano arrotolate fin sopra i gomiti) rispetto alle solite condizioni in cui era solito presentarsi. D’altronde aveva potuto dire di avere l’onore d’averlo visto in condizioni ben peggiori.


    Edited by whiskey beam - 15/8/2019, 19:17
     
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  2. .murphy
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    vivyan
    murphy
    ex house: slyth
    age: thirty
    job: criminal
    blood: half
    Quella di Vivyan era stata una settimana dall'agenda fitta d'incontri e colpi di scena, ma nonostante potesse vantare di averle viste pressoché tutte nell'arco di neppure sei giorni, al settimo, giusto per sconvolgerla pienamente, l'aveva chiamata Yuxley.
    Frederick Yuxley, purosangue delle santissime chi si ricorda più ormai quante e suo (fratello acquisito? compagno?) amico di vecchia data. Dopo l'infanzia erano stati separati dalle diverse scuole scelte per imparare ad usare la magia, ma si erano ritrovati poco meno che adulti all'accademia auror e poi ancora dopo, frammentariamente, quando entrambi potevano già dirsi spiritualmente decrepiti.
    Si erano conosciuti che lei vestiva di stracci e lui di marche griffate d'alta sartoria, ma durante l'ultimo incontro Vivyan non aveva potuto non notare gli orli ormai consunti della sua giacca e l'usura delle sue scarpe. Lei, quella sera, d'altro canto aveva indossato la pelliccia di visone più candida e voluminosa che possedeva e sandali ricoperti di diamanti. Diciamo pure che la differenza era saltata palesemente all'occhio.
    Non aveva mai indagato sulla cosa perché il patto tra loro era sempre stato quello di fingersi estranei finchè non lo erano più: ogni volta la stessa storia, ogni volta per la prima volta.
    In realtà, quella di non indagare mai interessandosi così troppo alla vita di Yuxley, se proprio vogliamo sotto sotto era sta anche una scelta. Vivyan non aveva sentito alcun bisogno di cercare o creare altri motivi per sentirsi ancora più coinvolta laddove non avrebbe dovuto.

    Dopo essersi smaterializzata nei pressi di villa Yuxley, arrivata dinanzi quella che solo per i maghi poteva dirsi un imponente facciata, la bionda Murphy si prese un attimo (se non due) per soffermarsi a riguardarla.
    Sembrava non fossero trascorsi già vent'anni dall'ultima volta che era stata lì; ricordava ancora la finestra che era riuscita a raggiungere arrampicandosi per la grondaia, così come ricordava dove trovare il buco creato dal mattone che staccandosi durante la sua scalata l'avrebbe uccisa se solo non fosse sopraggiunto Fred. Posando l'occhio sulla sinistra della villa dunque, poco sotto il quadrato di vetro dietro cui spesse tende blu celavano la stanza del delfino di casa, Vivyan ritrovò il disgraziato rettangolo vuoto che per sfortuna era riuscito a regalarle una fortuna.
    Se quel giorno aveva accettato di recarsi lì pur nutrendo molto più che un sospetto riguardo il perché di quella richiesta (alle volte il confine tra cercare un pettegolezzo e origliarlo per Vivyan assumeva una linea di confine fin troppo sottile), probabilmente lo si doveva solo a quell'incidente.
    Con entrambe le mani congiunte in avanti a mantener la piccola borsetta nera dal manico arcuato, Vivyan s'incamminò dunque verso il vialetto, bussò alla porta, superò l'elfo senza degnarlo di uno sguardo e s'inoltrò, quasi ne fosse la padrona, all'interno della fin troppo familiare magione.
    « oh, darling, c'è puzza di muffa qui » Lo trovò nel soggiorno del pian terreno, sulla poltrona che anche da bambino aveva sempre reclamato essere sua. Non le apparve sbiadito neppure il ricordo di un Freddie molto più piccolo rispetto quello che ora aveva dinanzi sprofondare tra i cuscini di quella stessa seduta. « ora non so se sei tu o è la casa, ma devi assolutamente porre rimedio alla cosa, è un odore increscioso »
    Terminati i convenevoli d'ingresso Vivyan raggiunse Freddie, sì curvò verso il suo viso e lo baciò su una guancia, rimettendosi subito dopo diritta.
    « ti trovo orribilmente, Freddie » suonò quasi come un complimento per come lo disse. « ma d'altro canto non hai mai veramente goduto di tempi migliori, giusto? » anche questo, davvero.
    La bionda posò la borsa sul tavolino, dopodiché ritornò dinanzi a Frederick, lo invitò spingendolo dolcemente a posare la schiena e liberato così il proprio spazio si sedette sulle sue gambe. « cosa ti serve? » Non era così che erano soliti incontrarsi: nessuno chiamava mai l'altro. Capitava tutto per caso, destino, sfortuna o fortuna, mai per volontà. Quella nuova aggiunta poteva basarsi solo su di un necessario desiderio e quest'ultimo, purtroppo, Vivyan sapeva non essere esattamente uguale a quello covato invece da lei.
    Pur sapendo che quel viaggio nei vecchi tempi le sarebbe costato letteralmente caro però, Vivyan era accorsa.
    A quel punto gli sfilò il bicchiere di mano e lo ripulì, scolando l'intero contenuto d'un fiato, per lui. Come sempre, fin troppo premurosa.
     
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  3. whiskey beam
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    yaxley
    f. a.
    ex school: durm
    age: thirty-one
    job: auror
    blood: pure

    Villa Yaxley stava invecchiando male come il suo proprietario: ad ogni nuovo segno d’espressione (o età) che notava dinnanzi allo specchio ogni mattina, s’accompagnava una nuova crepa nel muro, uno scolorimento della carta da parati, fori impercettibili nei tappeti, un tempo di lusso sparsi per la grande dimora. Se avesse voluto, soprattutto se avesse potuto avrebbe distrutto con uno schiocco di dita tutto ciò che lo teneva incatenato al passato, costruirsi un nuovo volto e un nuovo nome. Sogni irrealizzabili, specie per quanto era difficile ripartire senza possedere già solide fondamenta. Purtroppo, non avrebbe mai potuto vantare tale lusso.
    « più che normale quando casa tua è piena di primizie antiquarie » stava parlando di lui, di ciò che era rimasto o degli scheletri nascosti nell’armadio? Nessuna inflessione ironica o sardonica lo tradì (solo la veloce arcuata di sopracciglia al commento sul suo aspetto), piuttosto si era rivolto a Vivyan come il proprietario di casa qual era, parlando non del suo alloggio ma del personale mausoleo che era divenuta la sua dimora e delle sue caratteristiche intrinseche. Non si sarebbe mai rammaricato delle sue condizioni davanti a lei.
    Cedere al fascino di Vivyan non era mai stata espressione palese dell’erede degli Yaxley: non era uomo da confondersi con la massa per gesti bassi o impulsi sfoggiati nelle più grette delle manifestazioni, ma ogni volta trovava il modo per colpirlo ed era l’istante in cui si poteva notare come lo scintillio pieno di tedio che solitamente animava il suo sguardo, fosse differente.
    Si era stupito la prima volta, tanto da non chiamare nessuno dei presenti nel cuore della notte per avvisare che un’intrusa si stava arrampicando sulle pareti di casa, tanto da allungarle la mano per impedirle di cadere. Era geloso, poiché all’oscuro delle sue reali intenzioni e intendendo tutto come un gioco, di come avesse avuto la libertà di scavalcare il cancello e arrampicarsi, giochi che a lui erano tassativamente proibiti per proteggerne la fragile incolumità.
    Era tornata come il fantasma di un’epoca passata, sebbene gli anni di distanza dal primo incontro fossero stati frammentati da altri sporadici, con il fascino dell’esagerazione parvenu che avrebbe fatto storcere il naso a qualsiasi sangue blu educato in tal maniera. Non era una visione che l’aveva lasciato stupito per la crescita prodigiosa, non solo anagrafica, che aveva cambiato profondamente Vivyan esternamente, quanto invece era rimasto invariato l’interno.

    Se solo non si fosse trovato al di sotto il peso della donna, Frederick avrebbe cominciato a muovere passi cadenzati con le mani poggiate dietro alla schiena ad elencare punto a punto di cosa necessitava, dandosi aria d’importanza. Le posizioni di svantaggio non gli piacevano. Dovuto all’educazione Auror o quella paterna, fino a quando aveva avuto la possibilità di goderne, mantenere una certa posizione di distacco era per lui fondamentale, piano mandato in fumo nel momento stesso in cui si era fatto spingere sullo schienale senza opporre resistenza alcuna. Per quanto era solito a credere di possedere una volontà ferrea, la realtà spesso dimostrava quanto essa poteva essere cedevole, quasi come un coltello affondato nel burro.
    Eppure, non si scompose: lasciò che si servisse dal suo bicchiere, come se lo avesse sfilato lei stessa dal mobiletto degli alcolici dietro la poltrona, né cedette o parve turbato nel pronunciare le prime parole dopo la parentesi iniziale. L’illusione del controllo non si incrinò nemmeno nella reale e concreta possibilità che lei potesse dirgli di no.
    «noi due abbiamo ancora un debito da saldare» le mani che abbracciavano entrambi i braccioli della seduta imbottita tamburellarono leggermente, mentre l’ombra della fragranza dolciastra della donna gli si insinuava nelle narici «pensavo che la tua memoria fosse più salda della mia» e scoccò appena la lingua sul palato, avvertendo ancora il sentore del whiskey appena consumato sulla punta della lingua.
    Una mossa poco da galantuomo a dire il vero, ma di certo la causa e i tempi non gli rendevano alcun onore.
     
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2 replies since 15/8/2019, 16:31   104 views
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