Provino Licantropo - Kyle Maynard Hatfield

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    Provino Licantropia
    1:00
    Durante il giorno arrivava sempre l'ora in cui il sole calava, le case chiudevano le porte, gli umani dormivano e le creature della notte emergevano. Nella capitale del mondo magico regnava il silenzio, ma non a Nocturn Alley. Quel quartiere prendeva vita di notte, lasciando ai reietti della società di poter far baldoria fino all'alba, dopotutto perché restare sobri in un mondo che di male ne aveva fatto assai, di fronte ad una vita che crudele rideva in faccia a chi implorava aiuto e a quelle persone che esattamente come te non cercavano altro che una scusa per scaricare uno stress emotivo accumulato decisamente da troppo tempo per poter essere ancora trattenuto.
    Il cielo era nuvoloso a chiazze, ma chiunque lo avesse guardato avrebbe potuto facilmente inquadrare milioni di stelle luminose, un pubblico assai lontano che rideva e si faceva beffe dello stato in cui si riducevano gli esseri umani. Certo, tra di loro c'erano anche delle eccezioni, magari chi aveva trovato la donna della propria vita o chi non possedeva sufficiente denaro per poter acquistare regolarmente la Pozione Anti-Lupo. Esatto, proprio l'ultimo era il caso di Emily Humpry, la quale lavorava come cubista presso uno dei tanti locali del quartiere. La paga era minima e le mance erano giusto sufficienti per permetterla di pagare l'appartamento che aveva in affitto e beni di prima qualità a cui proprio non poteva rinunciare. Quella sera sapeva che la luna ci sarebbe stata, ma aveva un piano: smaterializzarsi presso una radura isolata, dove non avrebbe potuto far del male a nessuno.
    Le nuvole lentamente si allontanarono, lasciando modo alla luna di venir allo scoperto. Emily sentì che qualcosa stava per succedere. Si fermò proprio durante il suo spettacolo e fece per raggiungere il proprio spogliatoio. MA CHE MERLINO SIA IMPICCATO SE TI LASCIO FUGGIRE COSI' UN'ALTRA VOLTA! Ecco, lui era Lanny, il proprietario del locale dove lavorava. Lanny, calmati, ti prego, tu non capisci. Era un battaglia persa. NO, SEI TU CHE NON CAPISCI. SEI LA MIA PUTTANA, LAVORI PER ME. SE ORA VAI VIA SEI FUORI! Ovviamente non poteva dir a nessuno della propria condizione da licantropa, altrimenti chi l'avrebbe assunta? Come avrebbe potuto realizzare quel sogno di rifarsi una vita? Come avrebbe potuto... al diavolo! Lei aveva bisogno di quel lavoro. Sarebbe stata una questione di pochi attimi, se solo si fosse smaterializzata prima non avrebbe cominciato lì la sua metamorfosi. Nell'arco di pochi secondi Emily si trasformò da preda a predatore, lasciando Lanny di stucco. M-M-MA CHE CA- Quella parola non riuscì mai ad uscire intera dalla bocca dell'uomo, poiché la licantropa gli saltò addosso e affondò le affilate zanne sulla tenera carne che pezzo dopo pezzo venne staccata a morsi. Fu solo la prima vittima di quella sera, poiché l'istinto di sopravvivenza la spinse a cercar una via d'uscita e la più rapida, lontana dall'assordante rumore della musica del locale, era la finestra. I vetri si infransero e la licantropa corse sotto il chiarore di luna. Rifugio venne trovato all'interno di uno dei tanti vicoli. Era buio, appartato e vicino ad una strada apparentemente molto tranquilla. La maledetta si rannicchiò tra due cassonetti dell'immondizia. Sperava che l'odore sgradevole dei rifiuti avrebbe coperto anche solo in minima parte quello ferroso del sangue.


    by Lance


    Eccoci qui Hertzrozen, ho aperto il tuo provino.
    Ho cercato di replicare la storia da te accennata nel tuo bg nella maniera più fedele possibile: Nocturn Alley, vicolo e la possibilità che tu possa trovarti in dolce compagnia. Ti avverto che però esiste la possibilità che qualcosa possa variare ù.ù
    Se il provino non verrà concluso entro il 12 settembre, la richiesta di licantropia verrà respinta ù.ù
     
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    Maynard Arscott Hatfield - 42 anni - Purosangue - Mannaro
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    May
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    uel giorno aveva piovuto, le pesanti nuvole che solo il cielo di Londra erano in grado di regalare alla vista, avevano tinteggiato di grigio il cielo per tutta la mattina. Non che importasse, alla fine all’interno del Ministero, qualsiasi tipo di meteo che le persone desiderassero poteva essere magicamente manifestato all’interno degli uffici. Non ricordo nemmeno quale paesaggio fosse comparso di fronte alla mia scrivania quella mattina, i ricordi in questo momento persi in un piacevole quanto disorientante senso di euforia e di ebrezza. Forse c’era il sole, forse Frances, dopo che l’ho mandata a quel paese, ha deciso di prendersi l’ennesima ripicca e mettermi un acquazzone torrenziale.
    Forse.
    Non ricordo e non ha importanza. L’alcol e le risate hanno cancellato tutti i ricordi della mattinata.
    Eppure, anche adesso che esco dall’ennesimo locale, correzione, dopo che vengo cacciato quasi a forza dal proprietario dal locale assieme a Luc, l’odore di pioggia e delle strade bagnate, arriva al naso, quasi le sparse nuvole che si muovono sopra le nostre teste volessero di nuovo tornare a riversare sopra le strade di Londra Magica, quel torrenziale acquazzone che ha reso viscide le pietre del selciato che stiamo calpestando.
    «Aspetta, aspetta e poi, e poi le ho detto»
    Continua a dire Luc, cercando di riprendere il filo del discorso perso in mezzo ad un milione di batture, una più volgare dell’altra, ciascuna intrisa di doppi sensi e di quell’umorismo infantile che solo due persone ubriache come noi due potrebbero riuscire a tirare fuori in una sera d’estate. Traballa al mio fianco, e provo a riprenderlo prima che si schianti, di faccia, contro le pietre umide. Quando allungo la mano però, riesco solo ad afferrare l’aria fresca della sera. Traballiamo entrambi, Luc che fa a finire a quattro zampe per terra, io che barcollo contro il muro più vicino per cercare di riprendere l’equilibrio. Gli occhi sono lucidi per l’alcol e quando lo vedo a terra, torno a ridere e le lacrime cominciano a scendere senza freno.
    «E quindi che le hai detto? Che saresti un ottimo cane?»
    Piegato in due dalle risate, lo guardo sdraiarsi a terra, voltarsi verso di me e rivolgermi uno sguardo prima vacuo e poi una risata divertita.
    «Le ho detto che… non me lo ricordo. Fanculo»
    «Sicuro di riuscire a muovere le gambe?» Gli domando «Ne avrai bisogno se vuoi sperare di tornare intero in Australia»
    Lo guardo cercare di riprendere l’equilibrio, rialzarsi da terra e tornare al mio fianco, il tutto senza che riesca a smettere di lasciare il mio posto appoggiato contro il muro. L’unico modo che ho per non crollare a terra e rotolarmi dalle risate. È incredibile come ogni cosa, di colpo, diventi estremamente divertente dopo che hai passato le ultime due ore a scolarti bottiglie dopo bottiglie di Whisky Incendiario per festeggiare il trasferimento di un tuo amico dall’altra parte del mondo. Dovrei essere triste, dovrei odiarlo perché mi lascia da solo in quel buco che è Londra, ma in questo momento non riesco a non ridere ed essere felice.
    «Ma chi se ne frega, al massimo ci vado con una Passaporta. Ora dobbiamo festeggiare»
    Mi dice muovendosi su gambe incerti verso di me. Il sorriso diventa contagioso, e in breve tempo, torniamo a trattenere le risate come due ragazzini ai primi anni di scuola che si sono ubriacati a suon di Burrobirra e stanno cercando di tornare a casa senza essere scoperti.
    «Hai in mente qualche altro locale? Qualcuno che non ci, no, non che ci vogliono, che non ti vogliono buttare fuori a calci perché hai quasi dato fuoco al soffitto ruttando fuoco? »
    La scena di Luc che incendia i capelli della cameriera e che non riesce nemmeno a reggere la bacchetta per spegnerla, torna di nuovo a galla nella mia mente e Luc si piega dalle risate mentre prova a spiegare.
    «Non ne ho idea. Forse uno accanto a quel negozio stupido di libri? »
    «Hanno bere illimitato? »
    «Penso proprio di sì. Andiamo, staccati da lì, poi se ti voglio far ubriacare mi tocca girare mezzo mondo, muoviti»
    La mia risposta, è una risata divertita, e mi lascio trascinare via dal muro. Come ci allontaniamo, Luc di nuovo inciampa, questa volta lo riesco a riprendere e gli passo un braccio attorno alle spalle così da tenerlo in piedi.
    «Sarà un miracolo se ci arriviamo… che c’è? »
    Continua a fissarmi, trattenendo un sorriso. Scuote la testa, sospira e passa anche lui un braccio attorno al mio collo per poi riprendere a camminare in direzione di qualsiasi locale abbia in mente e lo seguo continuando a stare abbracciato a lui. Sopra le nostre teste, le sparse nuvole cominciano a disperdersi, le stelle a fare capolino in mezzo al mare di velluto grigio. Nessuno di noi due, si rende conto che in mezzo a quelle nuvole, un pallido volto comincia a far brillare la sua luce sopra le strade di Diagon Alley, nessuno dei due, da troppo conto al fatto che abbaiamo lasciato i vicoli sicuri e ci stiamo avvicinando sempre di più al quartiere di Notturn Alley. Una strada più breve, un modo per risparmiare qualche minuto.
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    Provino Licantropia
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    Quando la trasformazione aveva inizio non solo l'anatomia mutava, ma anche tutto ciò che riguardava la sfera psico-emotiva di una persona. La mente abbandonava la sua funzione logica e razionale per far spazio all'istinto di sopravvivenza, la vista perdeva importanza a favore di sensi meno sviluppati dall'uomo come l'udito e l'olfatto e ogni bisogno si faceva indietro di fronte ad uno di primaria importanza: la fame. Era una sensazione vagamente simile a quella provata dai tossicodipendenti durante la loro fame chimica. Se mangiava non era unicamente per saziare l'appetito, ma per riempire un vuoto. Leggende metropolitane parlavano di un lupo mannaro che si aggirava in quelle zone e che lo scorso mese uccise un'intera famiglia, lasciando solo un mucchio di ossa e qualche raro lembo di carne irriconoscibile. Esatto, questo perché la fame di un mannaro era tutto tranne che naturale, doveva essere riempita senza badare troppo alla vittima, al sapore del cibo, a cosa fosse giusto o meno. Un licantropo doveva sopravvivere e il suo istinto l'avrebbe indotto a far qualunque cosa per poter mettersi in salvo.
    Emily, tra quei due cassonetti, si contorceva dal dolore. La metamorfosi era ormai avvenuta, tuttavia un pizzico di lucidità la spingeva a combattere, a debellare quella fame che annientava secondo dopo secondo la propria umanità. Purtroppo però era parte di una storia dall'epilogo già scritto.
    L'istinto primordiale prevalse sulla ragione e il naso la portò ad uscire dal nascondiglio che aveva trovato proprio quando Maynard e Luc stavano attraversando quello stesso vicolo. Molte cose poterono succedere se quei due non avessero imboccato l'ultima traversa, spesso e volentieri per una decisione sbagliata delle persone ci rimettevano la vita. Emily, dopo aver inquadrato i due umani, sapeva già cosa dover fare: partì alla carica contro Hatfield, confidando nella scarsa capacità di reazione che avrebbe avuto chi era già stato vittima dell'alcol. Poteva cercar di difendersi? Assolutamente sì. Le possibilità erano dalla sua parte? decisamente no.


    by Lance


    Eccomi qui!
    Perdona l'azione corta, ma volevo darti modo di non restar completamente passivo all'azione. Maynard ha la possibilità di schivare, difendersi o hai comunque la possibilità di muovere un png. Comportati come credi sia più opportuno in nome della coerenza con ciò che sta accadendo.
    Qualora tu decida di incassare il colpo, però, descrivi anche il morso sul braccio ù.ù
     
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    Maynard Arscott Hatfield - 42 anni - Purosangue - Mannaro
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    opo pochi passi, sento il peso della testa di Luc che si appoggia contro la mia spalla, il suo corpo che si abbandona contro di me, sorreggendosi in parte tenendosi alle mie spalle, in parte stritolandomi il braccio destro nel disperato tentativo di non crollare a terra mentre trascina i piedi e cerca di starmi dietro. Una zaffata di odore di alcol e whisky e del profumo che indossa mi arriva al naso, qualcosa di dolce, pungente, che si mescola al vago odore di pioggia che ancora rimane in mezzo alle strade
    «Sai una cosa? »
    Comincia a dirmi Luc e mi volto istintivamente verso di lui. Quando lo faccio, lo vedo con gli occhi lucidi che mi sta fissando. L’espressione divertita che ha tenuto fino a quel momento nascosta dietro qualcosa di più triste. Mi viene da ridere al pensiero che presto potrebbe arrivare a riversarmi sulle scarpe la cena e tutto l’alcol che ha ingerito nella serata. In condizioni normali mi preoccuperei, questa sera, che torni a casa dopo aver vomitato in uno dei peggiori vicoli di Diagon Alley, è solo divertente
    «Per favore se devi vomitare fallo lontano da me»
    Gli rispondo ridacchiando, e l’espressione triste rimane sul volto.
    «No, non quello. Ma mi mancherai. Davvero»
    «Eravamo stati chiari, niente sentimentalismi e saluti tragici. Ti togli finalmente dalle palle, non muori»
    La butto sul ridere, e Luc mi ignora.
    «L’invito è ancora valido»
    Mi dice, e sento la sua stretta che si stringe, quasi volesse abbracciarmi e non lasciarmi andare, gli tolgo il braccio dalle mie spalle e lo guardo con un misto di divertimento e preoccupazione. Porca Morgana, ma quanto ha bevuto davvero? Fino a due secondi fa era a ridere e a sputare fuoco e adesso sembra sull’orlo di scoppiare a piangere mentre mi domanda per l’ennesima volta se voglio andare con lui dall’altra parte del mondo.
    «Luc…»
    Comincio a dire, cercando di mettere in fila un discorso che abbia quantomeno un minimo di senso. Stare in piedi è difficile, perché stiamo avendo questa conversazione adesso?
    «Lo so. Lo so. Ma pensaci ok? Ti meriti di meglio»
    Rimango a fissarlo perplesso, cercando di capire cosa intenda dire con quelle parole e mentre si allontana di qualche passo da me. Di colpo, il dolce profumo che l’aveva avvolto e che continuava a riempirmi i polmoni, sparisce, lasciandosi dietro solo il vago sentore di nostalgia, sostituito da qualcosa di diverso e marcio.
    Putrido.
    «Hei! Guarda che se non lo reggi l’alcol potevi dirlo prima»
    Lo prendo in giro mentre si allontana da me, lo vedo appoggiarsi al muro e l’unica cosa che riesco a pensare è che stia davvero per svuotarsi lo stomaco. Non sento alcuna risposta, e l’odore di immondizia misto a qualcosa di diverso di viscido e metallico, si fa più forte più ci inoltriamo all’interno del vicolo. Arriccio il naso e mi guardo attorno, una serie di cassonetti colmi fino all’orlo riempiono la maggior parte del vicolo.
    «Sei sicuro che questa sia la strada giusta vero? Luc?»
    Domando rivolto al mago che, a forse due metri da me, si sta tenendo lo stomaco con una mano e si sta tenendo appoggiato al muro sudicio con l’altra. Sposto lo sguardo di nuovo sui cassonetti: qualcosa smuove uno dei sacchi e lo fa cadere a terra, qualcosa che a malapena si intravede sotto i pallidi raggi della luna e delle luci riflesse di Diagon Alley. Mi domando se non sia un barbone o un altro mago che si è ubriacato fino a svenire in quel vicolo. Apro e chiudo gli occhi un paio di volte, cercando di far collimare le due sagome che intravedo in una sola e di mettere a fuoco qualsiasi cosa si trovi di fronte a me
    «Hei… tutto appo-»
    Non faccio in tempo a finire la frase che qualsiasi cosa che si nascondeva all’interno dei cassonetti, si muove verso di me. Scatta, rapido, con movimenti più animaleschi che umani, e prima che riesca ad accorgermi che cosa stia succedendo, mi ritrovo gettato a terra. La testa batte contro il selciato, costringendomi a chiudere gli occhi e strappandomi una bestemmia che risuona nel vicolo deserto. Sento qualcosa che si strappa, e mi ci vuole un secondo di troppo a realizzare che sono i miei vestiti che vengono lacerati dagli artigli di quella cosa che mi tiene al suolo. La sua sagoma continua a ballare davanti a me, la massa di pelo sdoppiata dall’alcol e dalla stanchezza. Riesco solo ad intravedere lo sguardo, le due pozze di luce gialla e le zanne. Bianche, affilate. Gocciolanti di sangue.
    Faccio per avvertire Luc. Quando il muso affonda nella mia spalla, là dove fino a pochi istanti si era appoggiato Luc, ogni parola viene soffocata da un grido di dolore. Qualcosa di caldo e viscido comincia a riempirmi i vestiti, provo a liberarmi dalla stretta, ogni pensiero razionale in questo momento cancellato e sostituito solo dal più primitivo istinto di sopravvivenza
    «Luc! »
    Grido di nuovo, mentre la bestia continua a tenere le zanne affondate nella spalla. L’odore metallico si fa più intenso. Sangue. Il mio.
    «Io… cosa-»
    Provo a scalciare, a fare leva con la mano libera per cercare di levarmelo di dosso, a divincolarmi dalla stretta degli artigli della bestia che mi tiene inchiodato al suolo. Con un colpo di artigli pone fine a quella mia futile resistenza, sento i polmoni che si svuotano per il dolore e per l’impatto al suolo. Sento il rumore di qualcosa che si strappa con un suono viscido e rivoltante, un lampo di dolore accecante risale di nuovo il braccio che adesso sta tremando in maniera incontrollabile. Vorrei urlare. Vorrei vomitare. Vorrei togliermi quell’animale di dosso, e riesco solo a rimanere immobile, mentre la bestia strappa legamenti e muscoli come se fossi una bambola di pezza in bocca ad un cucciolo troppo vivace.
    «Bombarda!»
    Sento la voce distante di Luc che urla un incantesimo proprio mentre quella bestia solleva il muso dalla spalla maciullata, regalandomi di nuovo la vista delle sue zanne coperte di sangue. Provo a stringermi la spalla, cerco di fermare il sangue, mentre ogni fibra del mio corpo grida di fuggire.
    Vorrei farlo.
    Ma le gambe non riescono a fare nient’altro che tremare.
    Gerard Butler as Maynard Hatfield
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    Provino Licantropia
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    Ad un tratto il buio vicolo era divenuto il palcoscenico di un momento estremamente toccante tra due uomini. Si diedero un abbraccio come reincarnazione del loto affetto, tuttavia anche gli istanti più sentimentali potevano essere interrotti da uno schiocco di dita. Emily aveva avvertito i loro passi avvicinarsi e quando giunse il momento giusto partì alla carica. Non dovette impegnarsi molto, lo stato di ebrezza dei due malcapitati li rendeva facili prede. Una volta assunta una posizione di vantaggio su Maynard ciò che accadde non lasciò spazio all'immaginazione. Affondò i denti sulla carne e una volta che le fauci vennero a contatto col sangue dell'uomo la licantropa andò in estasi. Quel sapore, quell'odore metallico era un piacere per i suoi sensi e proprio come chi soffriva di una qualche dipendenza subito dopo cominciò a desiderarne ancora e ancora.
    Fu l'intervento di Luc a salvare la vita all'uomo. Il Bombarda riuscì ed Emily venne colpita dalla forte esplosione che riecheggiò all'interno dell'intero vicolo. Un ululato alla luna fu il suo grido di guerra, ma le orecchie udirono ulteriori passi avvicinarsi. Erano in molti e di certo non poteva rimanere lì senza una possibile via di fuga. Prese nuovamente la carica, ma questa volta non puntò l'umano, bensì balzò in aria poco prima di aver un contatto visico con l'uomo e fece per saltarlo, fuggendo poi chissà dove.
    Nel frattempo due uomini si erano avvicinati e di fronte avevano un Maynard che sicuramente aveva visto giorni migliori. Uno dei due si tappò la bocca, l'altro impallidì, ma non si diede per vinto. Ehi, tu! Fece a Luc. Lo conosci? Cazzo, che aspetti? Va portato subito al San Mungo!

    Il resto della storia lo conoscete già. Maynard non morì a causa di quell'incidente, ma fu costretto a condurre una vita maledetta. L'Anti-Lupo era estremamente costosa presso il Ministero e sfortunatamente la prossima luna piena capitò la stessa notte in cui l'uomo venne dimesso dall'ospedale. Anche chi era abituato alla condizione di lupo mannaro descriveva la metamorfosi come un qualcosa di estremamente doloroso sia a livello fisico che emotivo. Quella sera il mondo magico avrebbe potuto assistere alla presenza di un nuova creatura.


    by Lance


    Siamo giunto all'ultimo step del provino: la trasformazione.
    Dopo il prossimo post sarai libero di giocare in free role e in quest la tua forma alternativa ù__ù
     
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    Maynard Arscott Hatfield - 42 anni - Purosangue - Mannaro
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    May
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    e fiamme esplodono nell’aria fredda e umida della notte, il colore dell’oro e delle fiamme si mescola allo scarlatto del sangue, tingendo le strade di Notturn Alley delle sfumature del tramonto. L’aria si fa torrida, per un istante, solo un istante, il tempo di bruciare quella creatura, di incenerire il pelo e la pelle, intaccando la carne. All’odore dell’immondizia, acido e putrido, a quello caldo e metallico del sangue che continua a gocciolare e a impregnarmi i vestiti, si unisce il lezzo di carne ustionata e del pelo bruciato. Lo stomaco si rivolta e sento la nausea salire, assieme alla cena e ai bicchieri di Whisky ingeriti fino a quel momento. Provo a rimettermi in piedi, crollo a terra quando faccio forza sul braccio ferito e mi ritrovo a cadere di nuovo, di faccia, contro l’asfalto macchiato di sangue. Tremo, le gambe che sembrano essersi trasformate di colpo in due pezzi di gelatina incapaci di tenersi in piedi, le braccia sono sconquassate dai brividi, come se di colpo l’aria attorno a me si fosse fatta più fredda. Sto perdendo sangue. Cazzo. Provo a trascinarmi via, come un verme, in maniera pietosa, mentre la creatura solleva lo sguardo al cielo e ulula alla luna, provo a voltarmi verso di lei, cado di nuovo a terra quando il mio corpo si rifiuta di obbedire agli ordini confusi che la mente inebriata dall’alcol continua a mandare. Cazzo, cazzo, cazzo. Di tutte le sere in cui qualcosa doveva andare storto, proprio quella. Mi serve la bacchetta. Devo togliermi da lì. Dove cazzo si trova la mia bacchetta? Una moltitudine di pensieri continua ad affollare la mente, e a malapena sento le grida di Luc. Mi sta dicendo qualcosa. Cosa solo Morgana lo sa. Riesco ad allontanarmi dall’animale, dalla creatura, qualsiasi cosa sia, ad appoggiare la testa contro il muro sudicio del vicolo. Morgana, solo spostarsi di quello sembra aver corso una maratona. Con dita tremanti, provo a scostare la maglia zuppa di sangue dalla spalla. Di nuovo, un conato di vomito quando alla pallida luce della luna, intravedo sotto l’oceano scarlatto liquido che continua a colare lungo la pelle, il bianco di qualcosa di fratturato lì dentro. Provo a tamponare il sangue, a fermarlo appoggiandoci sopra una mano e stritolando la spalla. Cazzo. Cazzo. Un incendio di dolore bianco risale tutto il braccio e mi ritrovo ad urlare, di nuovo. Un grido che si unisce all’ululato della creatura. Assieme al gelido sudore che mi sta tenendo appiccicati i capelli alla fronte, si uniscono lacrime di frustrazione e dolore.
    La creatura fugge, mentre il vicolo si riempie di altre persone. Le loro voci mi arrivano distanti, ovattate, come se qualcuno mi avesse immerso la testa sott’acqua. L’alcol non aiuta. Seguo i movimenti della creatura, le sagome confuse che continuano a sdoppiarsi di fronte a me, oltre i vicoli, oltre i tetti. Ed è solo allora che intravedo il pallido ed indifferente della Luna scivolare via dal suo abito di nuvole. Un disco d’argento perfetto tracciato nel blu della notte.
    «No… no per favore…»
    Non ho mai creduto in Dio. Non c’è mai stato spazio per credere a qualcosa che non fosse la superiorità della magia sul resto del mondo nella mia famiglia. Ma in quel momento, mi ritrovo a pregare verso ogni essere divino, che quella cosa non sia quello che penso che sia.
    «Hei… hei, Kyle. Kyle. Mi senti? »
    In mezzo a quell’oceano di voci distanti, dove il nome San Mungo è stato lanciato con urgenza nel discorso, ritorna chiara quella di Luc. Non riesco a sentire quello che risponde all’altro. In una nuvola confusa di immagini, sensazioni e dolore, lo vedo inginocchiarsi accanto a me, provare a capire cosa sia successo. Come fermare l’emorragia. Lo vedo togliersi la maglia, rimanere in canottiera e premere la stoffa contro la spalla. Sollevarmi dalla strada e appoggiarmi come una bambola di pezza contro il muro. Questa volta a malapena sento bruciare l’articolazione. Provo a tenere premuto sulla spalla, e sento le dita scivolare verso il basso. Fredde.
    «Che cosa cazzo era quella… cosa? »
    Sento Luc urlare in direzione di qualcuno di cui riesco a vedere. La testa si sta facendo pesante, tenerla appoggiata contro il muro, sempre più difficile. Cado in avanti, mi abbandono io questa volta contro il petto di Luc.
    «Luc… per… favore»
    «Hei. Non ci provare ad addormentarti. Ora ti porto al San Mungo. Porco schifoso Merlino, guardami Kyle! Stai sveglio! »
    Quando è stata l’ultima volta che mi ha chiamato in quel modo? Quando aveva scoperto che avevo un nome pomposo e ridicolo come Maynard, Luc aveva preso subito l’occasione per sbattermelo in faccia. Storpiandolo in mille modi. Tanto perché era divertente. Mi viene da ridere, nemmeno riesco a capire perché. Chissà cosa penserà Madison quando scoprirà cosa è successo. Il volto di mia moglie, immagini indistinte della mia famiglia, cominciano a sovrapporsi dietro le palpebre che inesorabilmente si stanno chiudendo. Pesanti. Fredde.
    «Kyle, se ti addormenti giuro che ti ammazzo»
    Che schifo di padre che sono stato. Uno che passa le serate ad ubriacarsi. Nemmeno ho dato un bacio della buonanotte, non questa sera. Lo faccio sempre. Non oggi. Sento distanti le parole di Luc, mentre mi forza a passargli un braccio sulla spalla. Mi stritola in un abbraccio, e per un istante il dolore mi porta a riaprire gli occhi.
    «Farà un male cane. Ma stammi vicino e non staccarti. Ok? No lo porto io, Porco Merlino, no, non mi serve una mano»
    Luc continua a discutere con qualcuno che non riesco a vedere. Quello che gli ha detto di portarmi al San Mungo. Forse. Sento il mondo girare e quel vortice di magia mi stritola più di quanto non abbia già fatto il mago. Questa volta non apro gli occhi, dietro le palpebre chiuse, il volto disgustato di Madison viene sostituito da quello ridente di Rose. E mentre ci smaterializziamo, mi ritrovo a sorridere.
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    Provino Licantropia
    1:00
    In alcuni casi era difficile riuscir a rimanere lucidi. La stanchezza, la paura e l'agitazione erano tutte sensazioni che intaccavano la razionalità, distruggendola morso dopo morso fino al renderci impotenti. Optare per il San Mungo fu una buona idea, lì riuscite a farvi avanti tra la folla grazie al grado di urgenza di Maynard. Lei non si preoccupi, rimaniamo noi con lui. Se lo desidera può rimanere in sala d'attesa. Queste furono le parole di un Medimago rivolte a Luc. Avrebbe fatto storie? Polemica? Forse, ma ciò non impedì ai professionisti di seguire la prassi: nessun controllo o operazione poteva essere effettuata con un conoscente all'interno della stessa stanza.
    I secondi trascorsero, ma parvero ore. All'interno della sala di urgenza i medimaghi si destreggiarono con diversi incantesimi curativi, pozioni rinvigorenti e riti aritmantici, purtroppo però la vittima non parve rispondere a nessun effetto. La ferita sulla spalla non lasciava altre ipotesi: era stato morso da un licantropo. Se si fosse trattato di un qualunque altro animale quella ferita sarebbe scomparsa, invece i segni di quella creatura erano permanenti. Come avrebbero potuto comunicare a lui quella notizia? Sì, il fatto che da lì in avanti sarebbe stato costretto a spendere un occhio della testa per poter acquistare l'antilupo o che avrebbe dovuto legarsi come una bestia durante ogni notte di luna piena? Ah, non era facile, tuttavia quello era il lavoro del personale medico. Al momento Maynard era in fin di vita.
    Un respiro affaticato catturò l'attenzione del primario in sala e immediatamente diede l'ordine alla sua equipe di riprendere con gli incantesimi curativi. Trascorsero due ore da quando Maynard era entrato in quella sala. Quella nottata fu lunga e nessuno seppe nulla. Il responso fu dato il mattino dopo, quando Luc avrebbe rivisto il suo amico. Sono lieto di dirle che lei non è in pericolo di vita. Allora perché quel volto funereo? Però siamo certi che da ieri notte lei è affetto da licantropia. Seguendo la prassi abbiamo avvertito il Ministero di ciò e le consiglio quanto prima di andar a registrarsi. Oramai era marchiato e nulla di ciò che avrebbe detto o fatto era in grado di cambiare le cose.


    by Lance


    Provino superato

     
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6 replies since 12/8/2019, 09:58   149 views
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