annie-macrae welsh

Era il primo Novembre.
L'inizio di un nuovo mese che avrebbe visto tante cose da fare e mille impegni da colmare. Annie aveva già l'agenda degli impegni piena e ancora non riusciva a capire come diamine aveva fatto a ridursi l'intero mese con così pochi spazi liberi.
Quel pomeriggio aveva finito il turno al San Mungo e aveva deciso di voler prendere un po' di respiro: un pomeriggio soleggiato, probabilmente uno dei pochi vista la stagione e la Londra continuamente piovosa. Ebbene sì, voleva passare una di quelle giornate nell'ordinario babbano, godendosi un attimino il ritmo di vita dei babbani, alcuni ignari della loro presenza, quasi increduli. Altri che invece speravano in un mondo magico che probabilmente immaginavano completamente diverso.
E poi c'erano i maghi, che sapevano quello che erano e si mescolavano alla gente comune, proprio per non sentirsi poi così diversi da loro.
Oggi Annie voleva essere una di loro, voleva non pensare all'esperienza della notte precedente, voleva occupare la mente con qualcosa di frivolo, ben distante dai problemi che le affollavano i pensieri.
E poi c'era quell'incolmabile mancanza che provava per Lancelot, sempre più occupato in questi giorni con i suoi studenti, che lo tenevano distante dalla rossa.
Vagando per le strade della Londra Babbana, Annie aveva scelto di entrare in una specie di sala da thé dove avrebbe sicuramente assaporato una delle tisane che amava tanto, magari con qualche biscottino delizioso che le avrebbe aggiustato sicuramente l'umore.
Aveva messo la sua bacchetta nella borsa, consapevole che lì non le sarebbe servita a molto e aveva indossato il suo trench preferito, color nocciola, che copriva il vestitino a tubino della stessa gradazione.
Una volta dentro la sala da thé si sarebbe avvicinata al bancone e si sarebbe seduta su uno degli sgabelli liberi, iniziando a guardarne il menù.
La scelta era vasta e lei non sapeva mai scegliere subito, tra tutte quelle leccornie.

Eccoci qua, siamo tornati con una delle nostre iniziative.
Anche questa volta, la nostra attenzione viene riportata su un tema che ti tocca da vicino: la COVID-19.
Questa pandemia sembra non volersene andare e mette in pericolo noi, i nostri cari e tutti coloro che conosciamo.
In questi tempi duri, crediamo che sia giusto, nel nostro piccolo, creare dei piccoli momenti di riflessione come questi.
Sicuramente non staremo qui ad ammorbarvi con quanto sia pericoloso o con un'analisi virologica del virus.
Quello che vogliamo fare, questa volta, è dire invitare tutti coloro che conosciamo a fare un piccolo ma grande e amorevole gesto di rispetto per chi ci sta a cuore:

indossare la mascherina.

Quello che dobbiamo fare è davvero un passetto piccolo, ma importante, per tentare almeno di aiutare gli eroi che sono in prima fila a cercare di far fronte a questo nemico, donando il loro tempo e la loro professione, al nostro servizio.

Crediamo che per essere riconoscenti con loro (e parliamo di tutte le figure che si trovano su questo campo di battaglia, dai medici alla Protezione Civile), non serve fare un qualcosa di eclatante, ma semplicemente rispettare le regole.
Per tale motivo abbiamo pensato che sarebbe carino, anche su questo mondo virtuale, far sentire questa vicinanza, seppur da un punto minuscolo dell'Universo.

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Amsterdam era un sogno, faceva accadere cose che probabilmente in altre città non sarebbero mai accadute. Ed Aaron ed Annie, forse, questo lo stavano provando sulla propria pelle. Insomma, non era cosa di tutti i giorni - tra di loro - darsi quelle attenzioni così intime, così fisiche. E poi, c'era anche da mettere in conto che ognuno di loro aveva la mente totalmente occupata da qualcuno, che in quel momento non c'era. Eppure, non era stato così difficile per loro toccarsi, stringersi. E nemmeno si stavano accorgendo di quanto quel contatto così intimo stesse andando oltre quel livello di amicizia che finora li aveva tenuti uniti. Alla fin dei conti, Aaron, per Annie era quella certezza su cui avrebbe puntato la sua stessa vita e ci avrebbe contato ogni giorno dei suoi futuri, perché tutti sarebbero entrati e usciti dalle loro vite, mentre Aaron ci sarebbe stato per sempre e lei, viceversa, per lui non sarebbe mai andata via. Rise appena a quelle parole, davvero rilassata, nonostante le mani di lui sui fianchi. Era come se quel contatto, che diversamente li avrebbe fatti sentire a disagio e fuori luogo, adesso era quasi naturale.
Era tutto così semplice, proprio come doveva essere per due della loro età. Avevano lottato a muso duro contro ogni diceria, avevano continuato imperterriti la loro amicizia, fottendosene delle voci e, delle volte, anche divertendosi a non smentirle solo per il gusto di prendere per fessi gli altri che le avvalorarono. Eppure, adesso non c'erano altro che loro due, solo ed esclusivamente loro due. Nessun altro a dar adito a quelle voci che se l'avessero visti adesso, sembravano più che reali.
In cuor loro sapevano che tutto questo era strano, che non era la via giusta, che non era un errore, ma non era nemmeno così reale quella sensazione che provavano. Eppure, quando le labbra di Aaron arrivarono a toccare quelle di Annie, la rossa non si tirò indietro.
Chiuse gli occhi e cadde nel bacio più strano della storia della loro amicizia. Era così perfetto quel bacio, che la sensazione di essere fuoriluogo, non sembrava esatta. Eppure, Annie la provava. La provava anche quando la sua lingua cercò quella del compagno, quando le sue mani vagarono tra i suoi capelli tenendolo stretto a sé, in quel bacio che sapeva di dolce, di familiare, di perfetto.
Se non fosse che sembrava così sbagliato che stesse succedendo a loro.
La testa di Annie si inclinò appena e alle mani sulla schiena che Aaron stava passando, non disse nulla, se non inarcarsi appena in avanti, sfiorando con i seni il petto di lui. La canotta che Annie indossava, si spostò appena lasciando scoperto la pelle liscia e abbronzata dei suoi seni.
Non fermò quel bacio, non fermò quelle mani. Le sue, invece, scesero ad afferrare la maglia che aveva Aaron, per saggiarne la pelle che vi era sotto e sentirne il calore e la familiarità che tanto conosceva, che era soltanto loro.
La sensazione che aveva addosso, tuttavia, non era di quell'attrazione sessuale che aveva provato quando aveva baciato Lancelot per la prima volta. Il tocco di Aaron era delicato, morbido, discreto e qualsiasi donna si sarebbe sciolta sotto quel tocco, ma Annie... distanziò appena le labbra da quelle di lui e sbuffò un risolino «M-Mi fai... il solletico.» - disse, per poi provare a posare di nuovo le labbra su quelle di lui, non prima di tentare di sfilargli quella maglia, con lentezza e delicatezza.

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Più o meno era così che Annie si prospettava nel futuro: spensierata, con Aaron sempre intorno e senza troppi problemi a cui pensare. Avevano avuto già il loro bel da farsi durante la scuola, che non voleva immaginare quanto più grandi sarebbero stati i loro problemi da lì in poi.
Annie voleva pensare che adesso era tutto in discesa, che non ci sarebbero stati intoppi lungo la via e che loro sarebbero veramente andati a vivere insieme, senza nessuno che potesse dividerli. Se avessero saputo i trascorsi futuri, probabilmente avrebbero vissuto quel momento con uno stato d'animo diverso.
Senza pensarci Annie aveva accorciato quelle distanze, come se fosse tutto così naturale, senza nemmeno farci caso a quanto potesse sembrare ambigua. E nemmeno lui sembrava poi aver avuto niente da ridire sentendo le sue mani sui fianchi. Lei sorrideva, per le parole che Aaron le disse «Certo che tra me e tuo fratello, non so chi è peggio attorno a te. Povero mio Aaron...» - mormorò appena. Tutto quel contatto fisico sembrava non mettere in imbarazzo nessuno dei due, sembra quasi totalmente naturale, forse inaspettato - certo - ma come se fosse necessario. Anche il tocco di Aaron sulla sua pelle non era niente di cui temere, nulla di cui avere paura, era come una coperta calda in un giorno invernale. Era così delicato che quasi ci si trovava bene tra quelle dita.
O forse era solo l'effetto di Amsterdam?
Probabilmente sì, ma in quel momento a nessuno dei due sarebbe saltato in testa, perché entrambi stavano bene com'erano. Annuì alla sua richiesta di promettergli qualcosa. Annie avrebbe promesso ad Aaron anche la luna se ne avesse avuto la possibilità.
Le sue mani sulle guance la fecero arrossire appena, mentre lo sguardo di lei si piazzav sulle labbra di Aaron per seguire i movimenti lenti di quelle. Si morse appena il labbro, sentendo quello che doveva promettere e senza alcuna remora nel pensarci minimamente su, annuì e con un sussurro lieve, che fece sfiorare le loro labbra ormai troppo vicine, Annie rispose «Te lo prometto, Aaron.» - una promessa solenne che avrebbero mantenuto in quel futuro che li attendeva.
Ma ora, quel sfiorare le loro labbra, il calore di quella pelle, fece socchiudere appena gli occhi ad Annie, senza distaccarla da quel millimetro che li divideva e accennando a non volerlo minimamente fare.

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Stare con Aaron era così semplice, che quasi sembrava naturale. Non aveva temuto un solo giorno di dividersi da lui, anche quando tutto sembrava remare contro il loro rapporto. Eppure, ora che si erano diplomati, la sua paura più grossa si stava facendo avanti.
Sentiva il cuore di Aaron battere nel petto del ragazzo e quasi si rilassò a sentirne il suono. Aveva paura che quella fosse una delle ultime volte in cui Aaron potesse stringerla così e voleva goderne fino all'ultimo secondo, così da poter dire di aver risucchiato tutto il bello che quei giorni stavano per lasciar loro.
Sentì la voce di Aaron attraverso il petto del ragazzino, erano così piccoli ma così pronti a dare un calcio alla vita per poterla conquistare, che quasi nessuno avrebbe creduto in quello che sarebbe successo negli anni successivi.
Annuì piano piano, ancora sul suo petto, mentre le dita iniziarono a giocare con quelle di Aaron, con la mano che non era attorno alle proprie spalle «Sì, dai. Andiamo a vivere insieme. Alla fine cosa ci ferma, no? E' chiaro che separarci sarebbe solo da folli, staremmo male entrambi e poi...» - Annie sollevò lo sguardo verso quello di Aaron, guardandolo dal basso «Io non voglio stare senza di te, Aaron.» - ammise, arrosando un po' le proprie guance. Calò di nuovo il capo, stringendosi ancora di più sul ragazzo e portando le gambe a mettersi su quelle di lui. Socchiuse gli occhi al bacio che le diede sul capo, quindi sorrise ancora.
Sussultò, saltando quasi da quella posizione, con un sorriso favoloso sul volto, mentre nell'euforia si mise a cavalcioni su Aaron «Sì, sì, sì! Per favore, rimaniamo qui. E' tutto così bello, non dobbiamo preoccuparci di niente e stiamo insieme. Cosa dovremmo desiderare di più di questo?» - domandò continuando a saltellare appena appena anche a cavalcioni su di lui, con quel volto innamorato di quel momento che stavano vivendo insieme, gli occhi liquidi e felici e il sorriso che le illuminava ogni angolo del viso.
Ormai era chiaro, lui era la sua unica certezza.

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Avrebbe mai potuto cacciare Eilidh, definitivamente? Poteva voltarle le spalle quando era arrivata alla sua porta a bussare? Ovviamente la risposta era no. Per quanto Annie la odiasse nel profondo per quello che le aveva fatto, lei aveva pur sempre un pezzo del suo cuore con sé e non avrebbe potuto negare quanto le fossero mancati quegli occhioni da cerbiatta.
Seppur lei non aveva la stessa importanza per Eilidh, questo non la cancellava dall'essere parte di Annie.
Poi, questa volta, aveva giocato sporco con la rossa, portandole un piccolo orsetto lavatore pieno di riccioli.
Annie guardava gli occhi di Eilidh senza distogliere un attimo l'attenzione da lei. La squadrò da capo a piedi e cercava di parlarle in silenzio, con quegli sguardi che erano talmente eloquenti a volerle dire quanto la odiasse in quel momento, quanto era stata crudele a lasciarla da sola, proprio come aveva fatto Lancelot e quanto le fosse mancata, tutto in un solo sguardo.
La bacchetta venne riposta nella tasca del camice, mentre non fece alcun sorriso a quella sua specie di battuta che allo stesso tempo la colpì in pieno petto. Nipote? Quella parola risuonava nella sua mente come un martello: che fosse realmente suo figlio? Il cristallo si spostò su Logan, dove si ammorbidì rispetto a quello che aveva dedicato ad Eilidh, quindi ad essa tornò e si sedette sulla poltrona girevole dietro la sua scrivania.
Quando Eilidh fece lo stesso sulle poltrone di fronte a lei, Annie socchiuse appena appena gli occhi, come se la tensione si stesse accumulando sulla vista, gravando su essa.
Si sentì chiamare zia forse per la prima volta nella sua vita e riaprì il cristallo sorridendo dolcemente alla creatura innocente. Si chinò e lo prese in braccio «Ehi» - lo fece sedere a cavalcioni sulle sue gambe e poco poco lo dondolò mentre ascoltava le parole di Eilidh.
La storia che Eilidh portò le fece battere il cuore all'impazzata, giocava con i riccioli del bambino, sorridendogli amorevolmente.
Quella che però fu la bomba più pesante, fu proprio l'ultima sua frase.
Annie fermò le gambe che dondolavano Logan e sgranò gli occhi «Oh Merlino, ho bisogno di un dottore...» - si spinse indietro con la schiena, reggendo il bambino.
Non poteva crederci, sentiva veramente che stava per svenire «Dove state dormendo?» - domandò appena appena preoccupata per entrambi, quindi poi la sua deformazione professionale si fece avanti «Hai fatto una visita? Come procede la crescita del bambino o bambina, che sia? Insomma, Eilidh, ma che ti è saltato in testa?!» - aveva gli occhi pieni di lacrime, ma non riusciva a capire se fosse di gioia, paura, tristezza, rabbia. O un misto di tutte le emozioni che aveva dentro.

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Sorrise alla ragazza, arrossendo appena per quel complimento, quindi spostò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio, un tantino imbarazzata «Grazie Jessica, davvero. Probabilmente perché io ho scelto questo lavoro non per il guadagno che porta, ma per la volontà di aiutare la gente.» - confessò attimi dopo, lasciandosi prendere un po' dalla sincerità.
Entrambe avevano la stessa idea di non avere un figlio, cioé che Jessica non avrebbe dovuto avere un figlio adesso, non in quel modo e in quella situazione.
Annie era appena più sollevata da quel barlume di maturità della mora, quasi inaspettato dal suo canto, visto che Blake se ne fregava altamente di quanto fosse pericoloso il sesso non protetto.
Storse il musetto, appena appena pensierosa «In realtà ci sarebbero altri contraccettivi, Jessica, ma sono un po' più invasivi del preservativo.» - beh, il pensiero di parlarle della spirale c'era «Tuttavia ne parleremo in un'altra lezione di "Stasera faccio sesso protetto"» - rise appena, immaginandosi come una presentatrice di una lezione di "Esplorando il corpo umano - adulti version".
Teneramente osservo Jessica dedicarsi a suo figlio e la cosa le fece pensare che anche lei avrebbe mai avuto dei figli, giusto? Scosse la testa e annuì «E sono certa che crescerà benissimo con te accanto.» -

La visita andò per il meglio, quindi dopo aver ripulito tutto, Annie si tolse il camice e mise in borsa la pillola che avrebbe dato a Jessica «Bene, allora andiamo.» - disse la rossa, mentre nella sua testa cercava di immaginare come avrebbe spiegato la cosa a Lancelot se fosse rientrato prima del previsto. In fondo, però, era loro competenza aiutare quella ragazza, fin dal primo giorno che l'avevano conosciuta.
L'avrebbe accompagnata fuori dal suo ufficio e da lì si sarebbero smaterializzate nel loft della medimaga, che si sarebbe prodigata alle cure dovute prima e dopo la pillola.