Te l'avevo promesso, no?

J.H.

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  1. Joo-hyuk Kwon
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    Non conosceva modi convenzionali per fare conoscenza. Non aveva mai dato peso alle classiche regole della prosocialità, un po' perché in Oriente le dinamiche erano ben diverse, ma anche perché era naturalmente portato a celare il più possibile e lasciar trapelare solo dettagli che non avrebbero potuto essere utilizzati contro di lui.
    Si trattava di un meccanismo che era riuscito a sviluppare nel tempo, complice la necessità di non essere maltrattato così come gli era successo da bambino.
    Ogni spiraglio che lasciava aperto era una potenziale minaccia per lui.
    Ormai aveva capito che da Lilith Clarke non poteva aspettarsi nient'altro che risposte piccate. Non importava cosa le dicesse o in che modo le si rivolgesse, intuire che la ragazza avrebbe fatto di tutto per non dargliela vinta era stato facile.
    E la cosa non gli dispiaceva affatto, nella misura in cui sentiva di non avere spazio né tempo per annoiarsi.
    Scosse piano il capo con fare arreso, sollevando le iridi nere al cielo quando la Dioptase gli scagliò addosso l'ennesima rima, ma non la rimbeccò solo perché aveva intuito che altrimenti la conversazione sarebbe diventata un cane che mordeva la sua stessa coda.
    L'intimità che stavano riuscendo a raggiungere tra quelle mura superava di gran lunga quella che avrebbero potuto condividere se fossero stati nudi. In quell'ultimo caso tutto ciò che la Caposcuola avrebbe potuto vedere sarebbe stata la sua pelle, in quei frangenti - invece - erano il suo corpo ed il suo respiro a parlare per lui ed era terribilmente difficile riuscire a rimanere nascosto.
    Cadere nel banale diventava un rischio sempre più grande, se non altro perché voltarsi e premere le proprie labbra piene su quelle di lei sarebbe stata la mossa per la quale avrebbe optato la stragrande maggioranza dei ragazzi della sua età.
    Non che li biasimasse, l'avrebbe fatto volentieri anche lui, ma non aveva alcuna intenzione di darle l'impressione di essere uno dei tanti.
    Perché non lo era.

    Oh sì che lo sono. E lo sai anche tu.

    In verità non si reputava una persona simpatica nel vero senso della parola, ma sapeva perfettamente di non essere scontato né prevedibile e le due cose insieme lo portavano a considerarsi tutt'altro che antipatico.

    Non credo che ci sia bisogno che ti impegni. E tra l'altro mi è parso di capire che ti piace pure fare la parte della stronza.

    Continuò a stuzzicarla, ma lo fece con un modo un po' diverso. Era evidente l'ironia nel suo tono, ma sembrava quasi che stesse cercando di affondare le dita dentro di lei per raccogliere tutto ciò che non era a portata di mano solo a guardarla.
    L'avrebbe spogliata di tutti quegli ostacoli che le impedivano di lasciarsi guardare e l'avrebbe fatto nella maniera più discreta che conosceva. L'avrebbe costretta a farlo senza che lei se ne potesse rendere conto.
    Acclimatarsi alla presenza del corpo di lei di fianco al suo sembrava un'impresa impossibile da gestire e non riusciva a spiegarsi il motivo di quella difficoltà che avvertiva. Il calore della sua pelle gli si inchiodava addosso quasi che fossero rinchiusi in pochissimi centimetri di spazio.
    E quando le sue mani incontrarono il corpo di lui, potè avvertire ogni singola fibra dei suoi muscoli contrarsi alla ricerca di riparo.

    Non sono frigido, sono innocente. È diverso.

    Le fece il verso mentre le labbra erano cristallizzate in un sorriso divertito ed il suo corpo lottava contro quello di lei in una faida ad armi pari. Ed esplodere nella risata più vera a cui lei avesse mai potuto assistere gli risultò naturale come respirare.
    Poteva sembrare impostato ma non lo era.
    La sua corazza di mistero era genuina e vibrava sempre alta senza che lui dovesse sforzarsi per mantenerla viva.
    Una volta che lei gli fu addosso, il suo odore lo travolse come un'onda altissima e inarginabile. Si sentì colpito in pieno viso da quella fragranza sconosciuta che le calzava alla perfezione.
    E si ritrovò a chiedersi come fosse possibile che una persona potesse avere addosso un profumo così perfetto per lei.
    Sigillò le palpebre sugli occhi scuri, inspirando forte e silenziosamente, rabbrividendo nel momento in cui le labbra di Lilith incrociarono il suo orecchio.
    Dovette contrarre l'addome mentre il respiro gli si strozzava in gola e, in un riflesso impulsivo, le dita delle mani si strinsero sui suoi polsi in una morsa talmente salda che quasi stonava con l'atteggiamento pacato e distaccato che aveva messo in campo fino a quel momento.

    Stronza.

    La risposta alla sua provocazione scandita arrivò in un sussurro che risuonava quasi come una preghiera.
    Una preghiera non realmente espressa a smetterla di torturarlo a quel modo. Poteva quasi avvertire il battito del cuore spingersi fastidiosamente contro le tempie, mentre il sangue pompava forte nelle vene.
    Percepì l'intenzione di lei di rimanere con il capo posato sul suo petto e non si ribellò a quel tentativo.
    Respirava piano mentre l'ascoltava parlare e sembrava quasi aver perso ogni desiderio di scherzare e continuare ad accavallare frivole parole su leggere conversazioni.
    La sensazione che il tempo si fermasse in quella stanza era più viva che mai.

    Sì. Ma mi avevano parlato anche del divieto di andare in giro per il castello oltre l'orario del coprifuoco, eppure...

    Aveva forse dato per scontato che Lilith avesse gli assi giusti nella manica per poter fare un po' quello che voleva all'interno delle mura di Hidenstone.
    Aveva forse azzardato troppo a costringerla a quel pegno?
    Fu la controproposta di lei a fargli intendere che in realtà la ragazza non voleva tenerlo alla larga dalla sua camera in accademia per motivi che non riguardassero meramente il regolamento scolastico.

    E quando?

    Non che una camera valesse l'altra, tuttavia la vera stanza da letto di Lilith avrebbe potuto raccontargli molto di più di quanto le mura di Hidenstone potessero fare.
    La sola idea di trascorrere del tempo in casa sua gli solleticava l'inguine, per quanto non fossero state dette chissà quali cose fuori posto. Era la situazione in realtà a parlare molto più di quanto non stessero facendo loro due a parole.
    Ma lui era sempre stato uno che prendeva le cose con estrema calma.
    Ormai i polsi di lei erano liberi dal giogo delle sue mani, ma la guancia della Clarke era ancora premuta contro il suo torace e lui non sembrava intenzionato a sottrarsi a quel contatto.
    Lasciò solo scivolare il palmo aperto della mano destra sulla sua schiena, senza opprimerne la figura, semplicemente per tenerla lì su di sé senza pretendere nulla.

    Sabato sera?

    Stava davvero organizzando una sottospecie di appuntamento con una Caposcuola?
    Joo-hyuk
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    black opal - I anno

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